lunedì 14 dicembre 2015

Pseudo Bernardino Luini


Non è certo la prima volta che nei nostri negozi transitano dipinti di eccellenza: ricordiamo lo splendido San Michele Arcangelo di Giulio Cesare Procaccini, la Dama del Licinio, l'affascinante Battesimo di Cristo di Albani, solo per citarne alcuni. Oggi vogliamo presentare un'opera presente su Anticonline, ovvero un dipinto raffigurante la Madonna, Gesù Bambino e San Giovannino, copia di ambito lombardo di inizio ‘800, che alla sua straordinaria qualità aggiunge il fascino di una storia da raccontare, che proviamo qui a riassumere, rimandando il lettore al ben più esaustivo saggio del critico d'arte Angelo Dalerba che segue questo articolo.

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L’autografia può essere ricondotta come ipotesi (non dimostrabile e nemmeno in fondo necessaria, ma che ci introduce in un clima culturale che spira potente dalla tavola stessa) a Giuseppe Molteni (1800-1867), grande pittore, nato come restauratore e fascinoso riproduttore di copie, senza ancora l’ambiguità del falso d’intenzione, ma già precocemente nello spirito del revival dell’antico che attraverserà in modo differente tutto l’800. Proviamo quindi a ripercorrere la storia di questa tavola a partire dai dati a nostra disposizione: il dipinto, su tavola antica, proviene dalla famiglia L. che lo possiede dal terzo quarto dell’800. Fu acquistato ad una cifra assai importante come opera di gran pregio di Bernardino Luini, e sempre tramandato in famiglia, di generazione in generazione, come opera di eccezionale valore, opinione del resto confermata da antiquari ed esperti d’arte dell'epoca. Negli anni '60 la famiglia cominciò ad indagare sull’opera in modo più preciso, ed arrivarono i primi dubbi: l'evoluzione della critica d'arte, gli studi pubblicati, la maggiore accessibilità a repertori di immagini, iniziò a scalfire il mito di un'attribuzione tanto eccezionale. Restano di quel periodo le lettere inviate e ricevute dai periti di Sotheby, di Christie’s, del curatore della mostra monografica su Bernardino Luini, testimoni della giustificabile fatica della famiglia a rinunciare alla certezza di un possesso così prestigioso e alle conseguenti valutazioni economiche iperboliche ricevute negli anni. I mezzi di indagine più moderni hanno aiutato a risolvere la questione: la tavola è stata sottoposta negli anni '70 a indagine radiografica e, da quando è venuta in nostro possesso, a questa abbiamo aggiunto un'analisi dei pimenti stilistica affidata ad Angelo Dalerba, critico d'arte di grande competenza, acquisita in più di quarant'anni di lavoro sulla pittura antica, e un'analisi dei pigmenti affidata ad una restauratrice. Proprio da queste indagini scaturisce l'attribuzione di una prima stesura ad un restauratore-pittore della prima metà dell’800 (i pigmenti sono riconducibili a pigmenti usati a partire dal '700). Ma a questo punto la storia si complica, assumendo un'interessante inclinazione al “giallo”, ben spiegata nel saggio di Dalerba: la radiografia evidenzia un restauro di pochi decenni successivo che, oltre ad alcuni ritocchi ai volti, altera in modo significativo il paesaggio alle spalle della figura principale, introducendo, in modo piuttosto incoerente, un chiaro riferimento a Leonardo nell'innalzamento delle montagne a sinistra e un cedimento ad un gusto decisamente moderno nella velatura del paesaggio lacustre sulla destra. Se dunque nella prima stesura, copia di opera del Luini, non era ravvisabile alcun intento fraudolento, in queste modifiche invece si può percepire l’operazione del falsario (presumibilmente un primo proprietario, forse un antiquario?), che ha reso l’opera più vicina possibile ai modelli che all’epoca riconducevano a Leonardo, spostando in modo ambiguo l’opera a metà tra Leonardo e Luini, per indurre il compratore a pensare ad una “scoperta sensazionale”. Oggi a noi l’operazione pare ingenua: il paesaggio a destra con la sua caratteristica di indefinito che è frutto di tutta un'evoluzione pittorica non regge all'analisi stilistica come opera di autore cinquecentesco, e altrettanto incongruenti e facilmente confutabili a partire da dati storici sono gli elementi di sovrapposizione presenti nella tavola tra opere di Luini e di Leonardo. Eppure l’effetto è di una straordinaria bellezza e fascino: come sottolineato da Dalerba, ci troviamo di fronte ad una copia di eccezionale fattura, riverente omaggio ad uno dei più fecondi periodi della pittura italiana, ma anche opera di intrinseco valore, che ci introduce nella ricchissima atmosfera culturale del primo '800 italiano e ci testimonia della straordinaria perizia del suo pur ignoto autore.



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