Galileo Andrea Maria Chini (Firenze, 2 dicembre 1873 – Firenze, 23 agosto 1956) è stato un pittore, decoratore, restauratore e ceramista italiano, uno dei protagonisti dello stile Liberty.
Galileo Chini nacque a Firenze da Elio, sarto e suonatore dilettante di flicorno e da Aristea Bastiani. Dopo la morte del padre si iscrisse alla Scuola d'Arte di Santa Croce a Firenze, dove frequentò i corsi di decorazione. A Firenze nel 1896 fondò la manifattura "Arte della Ceramica" insieme a Giovanni Vannuzzi, Giovanni Montelatici e Vittorio Giunti. Nel 1897 arrivarono le prime commisioni di lavoro da parte del Comune di San Miniato (PI) per il restauro degli affreschi della Sala del Consiglio Comunale. Dall’anno successivo la sua attività di restauratore di affreschi fu richiesta in diverse chiese e cappelle della zona; laddove gli affreschi erano irrimediabilmente perduti, Galileo Chini non esitò a far rimuovere l'intonaco e a procedere successivamente a nuove decorazioni. Con i lavori in ceramica venne premiato alle esposizioni internazionali di Bruxelles, San Pietroburgo e St. Louis ma nel 1904 abbandonò la vecchia manifattura "Arte della ceramica" per divergenze con la direzione. Due anni dopo, insieme al cugino Chino fonda nel Mugello la "Fornaci di San Lorenzo" che realizzava ceramiche e vetrate ma anche arredamenti d'interni e progettazione di mobili in legno decorati da piastrelle, ceramiche e vetri. Fino al 1905 si impegnò in una serie di decorazioni e restauri nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze, oltre che in una serie di affreschi presso l'Hotel Cavour (nella stessa Firenze) e presso il Grand Hotel La Pace a Montecatini. Nel 1907 espose alla Biennale di Venezia. Nel 1910 il Re del Siam, Rama V, dopo aver ammirato i suoi lavori alla Biennale di Venezia lo invitò a lavorare per la sua corte a Bangkok dove affrescò la sala del trono nel palazzo reale e realizzò una serie di ritratti ufficiali per la famiglia reale e i dignitari di corte. Rientrò dalla Thailandia nel 1913 riportando in Italia una serie di opere paesaggistiche e d'ambiente, che espose nel 1914 alla Mostra della Secessione Romana. Nel 1921 espose alla Prima Biennale Romana e nel 1924 ancora alla Biennale di Venezia. Tra il 1920 e il 1930 si dedicò alla cura delle decorazioni e agli affreschi di diversi Hotel e palazzi in Versilia e nel Mugello, ottenendo la cattedra di Decorazione pittorica alla Reale scuola di Architettura a Firenze. Morì il 23 agosto del 1956 nella sua casa-studio in via del Ghirlandaio 52, a Firenze. È sepolto nel cimitero monumentale dell'Antella.
Galileo Chini e il Padiglione Italia
Nel 1909, per l'ottava Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia, il primo segretario generale Antonio Fradeletto volle tentare un esperimento di decorazione murale, realizzata direttamente sulle pareti della cupola del salone d'ingresso del Padiglione Italia (ora Padiglione Centrale). L'esecuzione dell'opera viene affidata allo stesso Chini che decise di dividere la cupola in tre ordini decorativi. Nella fascia superiore realizzò motivi floreali e ornamentali, in quella inferiore rappresentazioni simboliche, tratte dallo scarabeo, al tempo suo “marchio” di riconoscimento, mentre nella parte centrale divisa in otto campi, raffigurò episodi dei periodi più illustri della civiltà e dell'arte (le opere, in un primo tempo coperte, furono riportate alla luce nel 1986). La stessa sala ospitò altre importanti opere di Chini negli anni ‘20. La Sala Chini costituisce il vestibolo del Padiglione Centrale, realizzato tra il 1895 e il 1899. Con il cambiamento del gusto e delle tendenze il ciclo pittorico fu nascosto da una nuova struttura di Giò Ponti, fino al suo ritrovamento, nel 1986, in pessimo stato conservativo. Nel 2005 il Comune di Venezia iniziò il restauro, interrotto per mancanza di fondi e ripreso dalla Biennale di Venezia che lo portò a compimento.
Fregio decorativo con putti, nastri e ghirlande Opera appartenente alla decorazione pittorica per la sala “L' Arte del Sogno”, allestita all’ Esposizione Internazionale d'Arte del 1907, costituta da due pannelli collocati nella parte superiore delle pareti, intervallati da un vessillo dipinto.
La glorificazione dell'aviatore Opera appartenente al ciclo decorativo dedicato alla "Glorificazione della Guerra e della Vittoria". I dipinti erano collocati in alto, lungo i due lati maggiori del Salone Centrale del Padiglione Italia, ospitante la mostra personale di Plinio Nomellini, all’ Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia del 1920.
La glorificazione dell'ala Anch’essa realizzata per il ciclo dedicato alla "Glorificazione della Guerra e della Vittoria" con la stessa collocazione. Fu la prima edizione della mostra dopo l'interruzione dovuta al conflitto mondiale, che impedì la realizzazione delle Biennali del 1916 e del 1918.
Le opere disponibili su Anticonline.it
Si tratta di una coppia di grandi pannelli decorativi dipinti a tempera su lastra cementizia, delle dimensioni di 149 cm di altezza e 122 cm di larghezza, che rappresentano putti alati inseriti in uno sfondo floreale dal cromatismo acceso. Il paragone fra i pannelli presentati e le opere veneziane della Biennale citate precedentemente, appare aderente in merito alle analogie espressive e di composizione pittorica, sia nel tema che nella plasticità realizzativa. La qualità termica e la tonalità sensitiva dei dipinti possono far supporre una medesima paternità artistica. Le posture plastiche e di espressione, che possiamo mettere a confronto nel dettaglio delle opere, ci appaiono affini fra loro, dando origine ad una omogeneità di tratto pittorico tale da farci presupporre la medesima mano esecutiva.
Galileo Chini nacque a Firenze da Elio, sarto e suonatore dilettante di flicorno e da Aristea Bastiani. Dopo la morte del padre si iscrisse alla Scuola d'Arte di Santa Croce a Firenze, dove frequentò i corsi di decorazione. A Firenze nel 1896 fondò la manifattura "Arte della Ceramica" insieme a Giovanni Vannuzzi, Giovanni Montelatici e Vittorio Giunti. Nel 1897 arrivarono le prime commisioni di lavoro da parte del Comune di San Miniato (PI) per il restauro degli affreschi della Sala del Consiglio Comunale. Dall’anno successivo la sua attività di restauratore di affreschi fu richiesta in diverse chiese e cappelle della zona; laddove gli affreschi erano irrimediabilmente perduti, Galileo Chini non esitò a far rimuovere l'intonaco e a procedere successivamente a nuove decorazioni. Con i lavori in ceramica venne premiato alle esposizioni internazionali di Bruxelles, San Pietroburgo e St. Louis ma nel 1904 abbandonò la vecchia manifattura "Arte della ceramica" per divergenze con la direzione. Due anni dopo, insieme al cugino Chino fonda nel Mugello la "Fornaci di San Lorenzo" che realizzava ceramiche e vetrate ma anche arredamenti d'interni e progettazione di mobili in legno decorati da piastrelle, ceramiche e vetri. Fino al 1905 si impegnò in una serie di decorazioni e restauri nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze, oltre che in una serie di affreschi presso l'Hotel Cavour (nella stessa Firenze) e presso il Grand Hotel La Pace a Montecatini. Nel 1907 espose alla Biennale di Venezia. Nel 1910 il Re del Siam, Rama V, dopo aver ammirato i suoi lavori alla Biennale di Venezia lo invitò a lavorare per la sua corte a Bangkok dove affrescò la sala del trono nel palazzo reale e realizzò una serie di ritratti ufficiali per la famiglia reale e i dignitari di corte. Rientrò dalla Thailandia nel 1913 riportando in Italia una serie di opere paesaggistiche e d'ambiente, che espose nel 1914 alla Mostra della Secessione Romana. Nel 1921 espose alla Prima Biennale Romana e nel 1924 ancora alla Biennale di Venezia. Tra il 1920 e il 1930 si dedicò alla cura delle decorazioni e agli affreschi di diversi Hotel e palazzi in Versilia e nel Mugello, ottenendo la cattedra di Decorazione pittorica alla Reale scuola di Architettura a Firenze. Morì il 23 agosto del 1956 nella sua casa-studio in via del Ghirlandaio 52, a Firenze. È sepolto nel cimitero monumentale dell'Antella.
Galileo Chini e il Padiglione Italia
Nel 1909, per l'ottava Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia, il primo segretario generale Antonio Fradeletto volle tentare un esperimento di decorazione murale, realizzata direttamente sulle pareti della cupola del salone d'ingresso del Padiglione Italia (ora Padiglione Centrale). L'esecuzione dell'opera viene affidata allo stesso Chini che decise di dividere la cupola in tre ordini decorativi. Nella fascia superiore realizzò motivi floreali e ornamentali, in quella inferiore rappresentazioni simboliche, tratte dallo scarabeo, al tempo suo “marchio” di riconoscimento, mentre nella parte centrale divisa in otto campi, raffigurò episodi dei periodi più illustri della civiltà e dell'arte (le opere, in un primo tempo coperte, furono riportate alla luce nel 1986). La stessa sala ospitò altre importanti opere di Chini negli anni ‘20. La Sala Chini costituisce il vestibolo del Padiglione Centrale, realizzato tra il 1895 e il 1899. Con il cambiamento del gusto e delle tendenze il ciclo pittorico fu nascosto da una nuova struttura di Giò Ponti, fino al suo ritrovamento, nel 1986, in pessimo stato conservativo. Nel 2005 il Comune di Venezia iniziò il restauro, interrotto per mancanza di fondi e ripreso dalla Biennale di Venezia che lo portò a compimento.
Fregio decorativo con putti, nastri e ghirlande Opera appartenente alla decorazione pittorica per la sala “L' Arte del Sogno”, allestita all’ Esposizione Internazionale d'Arte del 1907, costituta da due pannelli collocati nella parte superiore delle pareti, intervallati da un vessillo dipinto.
La glorificazione dell'aviatore Opera appartenente al ciclo decorativo dedicato alla "Glorificazione della Guerra e della Vittoria". I dipinti erano collocati in alto, lungo i due lati maggiori del Salone Centrale del Padiglione Italia, ospitante la mostra personale di Plinio Nomellini, all’ Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia del 1920.
La glorificazione dell'ala Anch’essa realizzata per il ciclo dedicato alla "Glorificazione della Guerra e della Vittoria" con la stessa collocazione. Fu la prima edizione della mostra dopo l'interruzione dovuta al conflitto mondiale, che impedì la realizzazione delle Biennali del 1916 e del 1918.
Le opere disponibili su Anticonline.it
Si tratta di una coppia di grandi pannelli decorativi dipinti a tempera su lastra cementizia, delle dimensioni di 149 cm di altezza e 122 cm di larghezza, che rappresentano putti alati inseriti in uno sfondo floreale dal cromatismo acceso. Il paragone fra i pannelli presentati e le opere veneziane della Biennale citate precedentemente, appare aderente in merito alle analogie espressive e di composizione pittorica, sia nel tema che nella plasticità realizzativa. La qualità termica e la tonalità sensitiva dei dipinti possono far supporre una medesima paternità artistica. Le posture plastiche e di espressione, che possiamo mettere a confronto nel dettaglio delle opere, ci appaiono affini fra loro, dando origine ad una omogeneità di tratto pittorico tale da farci presupporre la medesima mano esecutiva.
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